Maserati 3500 GT, la granturismo.

Massimo Tiberi ·

Nel 1957 Juan Manuel Fangio vince il Mondiale di Formula 1 al volante della Maserati 250 F. Il Tridente è all’apice della gloria sportiva ma l’azienda, da tempo in mano alla famiglia Orsi dopo la fuoriuscita dei fondatori, naviga in cattive acque. Dopo il ritiro ufficiale dalle competizioni l’attività agonistica proseguirà comunque tenendo alta la bandiera soprattutto nella categoria prototipi con le mitiche “Birdcage”, mentre per superare la crisi finanziaria si punta sulla produzione di serie.

Pochissime, fino ad allora, le Maserati “stradali”, allestite artigianalmente da vari carrozzieri, su misura per una clientela molto ristretta. La svolta, una rivoluzione copernicana per il marchio, in quello stesso decisivo 1957 con il lancio al Salone di Ginevra, in un insolito abito bianco, della 3500 GT. Ad onorare la sigla, una autentica granturismo che vuole distinguersi nel panorama delle auto ad alte prestazioni per l’attenzione non soltanto alla pura dinamica quanto piuttosto anche al comfort, al lusso, all’affidabilità e alla facilità di guida. Una scelta per rappresentare l’alternativa in particolare alla rivale Ferrari, proponendosi tra l’altro a prezzi non stratosferici: costa sui 5 milioni di lire, meno di una 250 GT di Maranello.

Eleganza tutta italiana 

Lo stile, dall’indiscutibile fascino, è della milanese Touring che, sfruttando la sua tecnologia battezzata “Superleggera” per la struttura e lamiere in alluminio, firma una coupé due posti, più piccolo spazio posteriore, dalla notevole lunghezza di 4,78 metri, forme tondeggianti, ampie superfici vetrate e accenno di pinne. Un’armonia dove prevale l’eleganza, senza cromature in eccesso e non mancano, a richiesta, i classici cerchi Borrani a raggi. Molto curato l’abitacolo, dai pregiati rivestimenti in pelle e che si arricchirà via via di accessori all’epoca non scontati, dagli alzacristalli elettrici al condizionatore d’aria.

Di eccellenza sportiva la meccanica, con in evidenza il motore su progetto di Giulio Alfieri, derivato da quello della 350 S e collaudato nelle impegnative gare di durata. Un sei cilindri in linea 3,5 litri, lega per basamento e testa, bialbero e camere di scoppio emisferiche, due candele per cilindro, alimentato da tre carburatori doppio corpo e accoppiato ad un cambio a quattro marce. Più convenzionali le sospensioni, anteriori a quadrilateri, posteriori a ponte rigido con balestre, e i freni sono a tamburo per poi passare ai dischi e al servofreno.

La potenza di 220 cavalli permette di toccare i 230 chilometri orari, ma è la fluidità di marcia la vera prerogativa della 3500 GT, comoda e sicura senza essere estrema. Mediamente la coupé percorre appena 5 chilometri con un litro di benzina, ma non è un problema per i facoltosi acquirenti e il grande serbatoio da 80 litri di capacità limita le soste quanto basta.

L'evoluzione

I consumi scendono un po’ quando, nel 1962, viene adottata l’iniezione indiretta della britannica Lucas, una ulteriore soluzione d’avanguardia per i tempi, accompagnata da un lieve restyling, dal cambio a cinque marce e da una quindicina  di cavalli in più per accrescere ancora il temperamento e la già apprezzata “souplesse”.

Intanto, dal 1959, è apparsa la altrettanto bella versione spider, a passo accorciato, della Vignale e la 3500 GT, in campo fino al 1965 superando la quota importante delle 2mila unità, farà da base allo sviluppo della gamma Maserati. In sequenza arrivano l’esclusiva V8 5000 GT Touring, la Sebring di Vignale e Michelotti, la sorprendente Mistral di Frua che disegna anche la Quattroporte, prima berlina italiana a confrontarsi con Jaguar e Mercedes.

La fabbrica di via Ciro Menotti a Modena lavora ad un regime prima sconosciuto, conquistando un sempre maggior numero di clienti che rafforzano l’immagine del Tridente sul mercato mondiale di massimo prestigio, come Aga Khan, lo Scià di Persia e Gianni Agnelli.

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