E’ il 23 settembre di quarant’anni fa, quando dal primo piano della torre Eiffel viene calata una voluminosa cassa che, aprendosi, svela al grande pubblico assiepato nei giardini del Campo di Marte la nuova Citroën BX, auto importante nella fase di rilancio della casa del Double Chevron.
Dopo la nascita nel 1976 del Gruppo PSA, lo storico anticonformismo del marchio ha dovuto fare i conti con le sinergie fortemente debitrici tecnicamente e non solo alla Peugeot, con il lancio delle utilitarie LN e Visa imparentate con la 104. Però, per la vettura che deve sostituire la GS si vuole un più evidente segno di continuità con la tradizione fuori da schemi convenzionali ancora rappresentata dall’ammiraglia CX, nata prima della fusione definitiva tra le due aziende francesi.
Tratti originali
Pur scontando, dunque, ormai inevitabili parentele, la BX si presenta subito con una originale personalità estetica, dovuta alla matita di Marcello Gandini stilista della Bertone che si ispira al futuristico prototipo Volvo Tundra del 1979.
Berlina due volumi e cinque porte, lunga 4,23 metri, la neonata Citroën ha forme squadrate e aerodinamiche, sottolineate dai raffinati fari omofocali, dai paraurti integrati e dalla semi carenatura delle ruote posteriori, mentre i grandi montanti ai lati del lunotto, incollato, sono provvisti sulle versioni top di vetratura sopra i lunghi, sottili sfoghi per l’aria dall’abitacolo. La carrozzeria si avvale di materiali sintetici per cofano motore, portellone bagagliaio e pannelli posteriori, permettendo di contenere il peso dell’auto sotto i 900 chili.
Sfruttato al meglio lo spazio interno, che può ospitare cinque persone e molto ampio il vano di carico, ma gli allestimenti lasciano un po’ a desiderare considerando l’appartenenza alla fascia media. Praticamente una firma di marca, la strumentazione con tachimetro a rullo e il volante monorazza con i “satelliti” per i comandi a portata di mano.
Le particolarità
Sul piano tecnico, scontata la trazione anteriore, fanno la differenza con qualsiasi rivale le sospensioni idropneumatiche, straordinaria eredità della DS ed evolute con GS e CX, punto di riferimento d’eccellenza per comfort di marcia e sicurezza nel comportamento su strada. Si aggiunge l’impianto frenante a quattro dischi servoassistiti, altra prerogativa non comune all’epoca nella categoria.
Di origine Peugeot i motori, quattro cilindri monoalbero benzina, 1,4 litri da 62 o 72 cavalli e 1,6 litri da 90 cavalli con cambi a 5 marce, per velocità di punta vicine ai 180 chilometri orari e accelerazione da 0 a 100 in 11,3 secondi.
Vende bene
Il riscontro commerciale è favorevole alla BX e anche in Italia non mancano gli estimatori, pur venduta ad un prezzo, di poco inferiore agli 11 milioni di lire, che la mette al pari con l’Alfa Romeo Giulietta e un po’ lontana dalla Fiat 131, ma decisamente più economica rispetto alla Lancia Prisma.
L’evoluzione della medio-compatta Citroën è continua. Nel 1983 si aggiunge la diesel 1,9 litri da 65 cavalli (nel 1988 ci sarà la turbo 1,8 da 90 cavalli) e l’anno successivo il cambio automatico e la 1,9 litri GT da 105 cavalli con servosterzo. Nel 1985 è la volta della wagon Break realizzata dalla Heuliez e della Sport da 126 cavalli, che precedono la seconda generazione dal lieve lifting, migliorata nelle finiture ma più convenzionale negli allestimenti.
Con lei la gamma motori si amplia dal basso, con il quattro cilindri da 1,1 litri, all’alto con le GTi ad iniezione che porteranno ai 160 cavalli della 16 valvole, prima francese ad adottarle, e la versatilità diventa massima con le varianti, benzina e diesel, 4x4. Non significative le apparizioni in gara, nel Mondiale Rally, ma la 4TC 2,1 litri a trazione integrale da competizione sfiorerà i 400 cavalli di potenza. La carriera della BX sarà lunga, prodotta fino al 1994 anche in Spagna in oltre 2 milioni 300mila unità, una delle Citroën più apprezzate di sempre.