Ma voi ve li ricordate gli anni 2000? Il panico da Millennium bug, il primo iPod, le canzoni di Beyoncé, i convertitori Lira/Euro con su scritto “1936,27”, e l’arrivo di uno strano sito chiamato Facebook. Sembra passata un’eternità, soprattutto se si guarda al panorama automobilistico.
Mossi da un pizzico di nostalgia, abbiamo voluto fare un salto indietro nel tempo per vedere quali brand sono cresciuti di più negli ultimi vent’anni in Italia, sotto vari aspetti: anzitutto volumi di vendita, ma anche qualità costruttiva, immagine, mix di prodotto e design.
In base a quello che dicono i numeri dell'Unrae - ma anche basandoci sulla percezione comune - le Case che hanno fatto i maggiori progressi dal 2000 a oggi sono Kia, Jeep, Dacia e Suzuki. Costruttori che sono un po’ dei “Millennial” dell'automotive, ovvero brand diventati "maturi" nel terzo millennio, a partire dal quale si sono affermati sul mercato italiano.
Fenomeno Dacia
La crescita più importante in assoluto è quella di Dacia. Pensate che nel 2000 – l’anno che abbiamo preso come riferimento per tutti i brand – il marchio rumeno era appena entrato a far parte del Gruppo Renault e non era ancora attivo in Italia. La prima auto costruita ex novo sotto il nuovo assetto proprietario fu la Logan del 2004, che nel nostro paese venderà i primi 1.121 esemplari solo nel 2006.
Se si pensa a dove è arrivata la Casa in così breve tempo si rimane impressionati: nell’ultimo anno prima della pandemia, il 2019 (abbiamo escluso i dati 2020 per la poca rappresentatività dovuta al lockdown), Dacia ha immatricolato in Italia 84.102 vetture, con una quota di mercato del 4.39%, ed è diventata il nono costruttore per volumi, posizione che detiene ancora oggi.
La Sandero è dall’inizio del 2021 la terza auto più venduta d’Europa, mentre a novembre la Duster è stata la terza auto più venduta d’Italia, nonché la prima straniera. Tra la prima serie di Logan e l’attuale gamma, composta da modelli tutti rinnovati nel 2021, la qualità di Dacia ha fatto passi da gigante, tanto che la definizione di brand low cost inizia a starle stretto. E da pochi mesi la Casa si è tuffata nel settore delle elettriche con la Spring, che sta ottenendo numeri incoraggianti.
Jeep, fascino trasversale
Il recente boom di Jeep nel nostro paese va di pari passo con la creazione del gruppo Fiat-Chrysler (ora Stellantis), che ha permesso di trasformare un brand americano di nicchia, percepito da noi come un mero costruttore di fuoristrada (nel 2000 la gamma era composta esclusivamente da Cherokee, Grand Cherokee e Wrangler), in una realtà apprezzata da tutte le fasce di consumatori, e arricchita da un’immagine semi-premium.
La svolta è avvenuta con il lancio dei suv compatti Renegade (2014) e Compass di seconda generazione (2016), prodotti a Melfi. Grazie soprattutto a queste vetture, oggi proposte anche in versione ibrida plug-in, Jeep è arrivata a contare 81.527 immatricolazioni nel 2019, una crescita del 1649% rispetto alle 4.660 del 2000. La quota di mercato è passata dallo 0,19% al 4,25%, e nei primi 11 mesi del 2021 Jeep risulta l’ottavo costruttore per volumi in Italia.
Per Kia arriva la Casa madre
Nel 2000 Kia era ancora un nome nuovo nel nostro paese, visto che il gruppo Koelliker aveva iniziato a importare in maniera sistematica il brand coreano appena da un anno (nel 1999). In listino c’erano la prima serie di Carens, Rio e Sportage, che puntavano tutto sulla competitività dei prezzi piuttosto che sul design o sulla qualità dei materiali. All’indomani del nuovo millennio il costruttore vendeva in Italia 12.505 auto, per una quota di mercato dello 0,52%.
Oggi la storia è molto diversa: il brand viene distribuito direttamente dal gruppo Hyundai che ha creato la Kia Motor Italy nel 2011, e nel 2019 ha venduto 47.763 auto, con uno share del 2,5% (cresciuto al 3% nel 2021). Il balzo in vent’anni è del 282%, ma più dei numeri parla la gamma del brand, oggi composta da modelli tecnologicamente all’avanguardia, con un livello di qualità percepita semi-premium e di nuova concezione, come l’elettrica EV6.
Suzuki sulle ali dell'ibrido
Suzuki in Italia ha una lunga storia, che parte dai primi anni ’80. Nel 2000 il suo listino era piuttosto variegato, essendo composto da Baleno, Grand Vitara, Ignis prima serie, Jimny terza serie e Wagon R, ma le vendite si fermavano a 16.859 unità, lo 0.7%. Nel 2019 la Casa giapponese ha immatricolato 38.281 unità (+127%), il 2% del mercato, e nei primi 11 mesi del 2021 lo share è salito al 2,76%.
Dopo una prima parte del millennio altalenante, la Casa ha visto crescere i propri volumi soprattutto a partire dal 2017, grazie alla sesta generazione di Swift e alla terza di Ignis. Due cittadine molto apprezzate ancora oggi per via della propulsione mild hybrid di serie.
Le prestazioni di questi marchi sono rese ancor più significative dal fatto che si pongono in contrasto con il trend del mercato automobilistico nel nostro paese, che dal 2000 al 2019 è diminuito complessivamente del 21%, passando da 2.425.520 unità a 1.916.776.
Infine, meritano una citazione anche Hyundai e Skoda, che dal 2000 sono cresciute rispettivamente del 23% e del 26%, continuano a ottenere buone performance anche oggi, e soprattutto sono riuscite a migliorare nettamente la loro immagine presso i consumatori italiani ed europei.